Il modo in cui parliamo a noi stessi e i termini che utilizziamo giocano un ruolo molto importante a livello emotivo. Un esempio? Ragioniamo sul concetto di perfezione. Spesso capita di pronunciare alcune parole più per abitudine che per reale volontà. La conseguenza del dare per scontate le parole che utilizziamo consiste nel condizionamento sia delle emozioni che proviamo sia di quelle che trasmettiamo.
Prendiamo come esempio una delle tematiche più gettonate di sempre: quella della perfezione. Questo tema, insieme a tutti gli aggettivi ad esso collegati, porta con sé una serie di “schemi giudicanti”, che colpiscono sia chi li attua sia chi li ascolta. Partiamo da una provocazione: la perfezione non esiste. Provocazione interessante, non trovi? “Voglio essere perfetta per l’appuntamento di stasera”, “Devo consegnare un compito perfetto”, “Voglio trovare la casa perfetta per me”. Il modo in cui parliamo a noi stessi e le parole che utilizziamo giocano un ruolo molto importante sulle nostre emozioni e, di conseguenza, sulle azioni che decidiamo di compiere. A proposito di parole “pesanti” da pronunciare, perfetto/a è una di quelle a cui si fatica a riconoscere un valore preciso, perché troppo generico. Ritornando alla provocazione iniziale: la perfezione non esiste, o meglio non esiste un parametro esatto per definire la perfezione come caratteristica umana. Facciamo un esempio in ambito sportivo. Chi si qualifica al primo posto non necessariamente ha eseguito tutto in modo perfetto, ma è stato perfetto per quella gara, cioè ha dato il meglio che poteva in quel preciso momento e, in quel momento, il meglio che ha dato è bastato, perché è stato superiore rispetto a quello che hanno dato gli altri atleti. Focalizzarsi sul termine perfetto/a, inconsapevolmente, crea limiti, perché non è qualcosa di tangibile, ma è un parametro troppo generico. Ciò che invece è utile fare è focalizzarsi sul dare il meglio di noi. Quindi, le frasi sopraindicate diventeranno: “Voglio essere al meglio di me stasera”, “Voglio consegnare il mio miglior compito”, “Voglio trovare la casa migliore per me”. Puntare ad essere la migliore versione di te vuol dire fare azioni concrete e misurabili; essere perfetto, invece, è un’espressione molto gettonata dalla società di oggi, ma non sempre è utile per la tua crescita e per il tuo miglioramento, perché spesso punta a qualcosa di non reale. Scegli con cura le parole che utilizzi e non darle per scontate solo perché sei o sei stato abituato a sentirle pronunciare spesso. Riconosci i termini “limitanti” e trasformali in termini “utili” per raggiungere al meglio il tuo obiettivo. Se hai qualche domanda o per saperne di più sul Mental Coaching, scrivi a: [email protected] Comments are closed.
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